La Storia di Una Garlanda è la storia della famiglia Stocchi…
Da poveri emigranti i bisnonni di origini Bergamasche, con il loro carretto, a piedi, scelsero le terre dell’alto Piemonte per stabilirsi e lavorare. Colonizzarono la zona di terra attualmente coltivata, chiamata “Baraggia”, allora ricoperta di boschi e paludi. Con forza e caparbietà i nostri antenati contadini, negli anni intorno al 1948, impararono a coltivare il Riso e ad accontentarsi di ciò che la terra, descritta all’epoca come: priva di sussistenza, gli regalava.
Poi la tecnologia si fece largo, agevolando con le macchine l’immane lavoro che un tempo si faceva con la zappa. Le terre vennero spianate, le risaie, di dimensioni ridotte, tanto da permettere con un salto il passaggio da argine a argine, vennero ingrandite eliminando molti alberi che ne facevano da cornice. A questi cambiamenti strutturali di modifica del territorio e dell’ambiente si aggiunse l’uso dei concimi e diserbanti derivante da sintesi chimica, creati per supportare gli inevitabili squilibri che lo sconvolgimento ambientale aveva causati: aumento e persistenza di erbe infestanti, impoverimento del terreno causato dalla coltivazione a monocultura ecc.
L’azienda alla fine del ventesimo secolo, si presentava come un moderno esempio di risicoltura convenzionale, (termine che accomuna le molte aziende risicole sparse sul territorio che adottano per convenzione la chimica nei loro campi).
Nell’1995, Fulvio Stocchi e il Fratello Gianfranco decisero di aderire ad una normativa europea: 2078, che proponeva la riduzione e la eliminazione di alcuni prodotti chimici, oltre alla rotazione dei terreni a diverse coltivazioni. Allora si considerò questa scelta come una opportunità per aumentare il valore qualitativo del riso. Nel contempo venne inaugurato, in alcune stanze restaurate della Cascina, un piccolo spaccio Aziendale, l’iniziale modo per condividere direttamente con le persone il frutto di un scelta lavorativa più rispettosa.
Trascorsero ancora diversi anni, nei quali si ampliò la vendita diretta, mantenendo lo standard convenzionale di coltivazione solo in parte mitigato dalle rotazioni e dall’abbandono della pratica di bruciature delle paglie lasciate in campo dopo la raccolta.
Il 2001 fu un anno importante, perché, per la prima volta, una piccola risaia vicino a casa, venne coltivato completamente naturale. Questo netto stacco dalla pratica abitualmente adottata era nato dopo una serie di valutazioni: in primo luogo problemi di salute, a nostro avviso, sempre più attribuibili al’abituale contatto con prodotti chimici e sostanze nocive utilizzate nelle diverse fasi della coltivazione del riso sul terreno e nel’acqua, e poi l’ osservazione dell’ambiente di risaia, sempre più compromesso dai medesimi fattori.
Quell’anno il raccolto fu buono, la gioia di poter mangiare del riso naturale fu grande quasi quanto la delusione di non poter assicurare, a quel riso così speciale, un giusto commercio. Quello infatti fu il periodo delle prime delusioni sul biologico; oggi confermate da diversi scandali sull’agro alimentare; la superficialità dei controlli, in quei periodi, non ci convincevano.
Nel’inverno successivo, ad un mercato locale, incontrammo un ragazzo che proponeva diversi prodotti tra i quali il Riso; con entusiasmo esaltava l’importanza del cibo coltivato bene. Ci venne spontaneo avvicinarci per smorzare i suoi entusiasmi raccontandogli la nostra esperienza di risicoltori delusi dal sistema. Da questo casuale incontro il riso coltivato, veramente Bio ma non certificato che noi medesimi stavamo consumando, trovò un nuovo canale di vendita con un contratto con la ditta “La Salvia”, all’epoca garante della sicurezza dei prodotti alimentari venduti nei Negozi e Ristoranti, Enti sostenitori di UPM Un Punto Macrobiotico. Da quell’episodio nacque un rapporto commerciale stabile; notammo da subito la serietà dei controlli, ad ogni fase della coltivazione e poi stoccaggio. Sempre a sorpresa ricevevamo visite di persone molto attente che non avevano paura di “sporcarsi” con un po’ di terra le scarpe. Scoprimmo solo in seguito perché tanta era l’attenzione affinché il riso da noi coltivato fosse fatto veramente senza chimica.
Dal 2003 in poi si incominciò a produrre e vendere riso naturale a La Salvia, in un crescendo di superficie data la incessante richiesta; la maggior parte dell’Azienda era comunque ancora a monocoltura chimica aderente a quelle normative europee per un minore impatto ambientale, che però, sempre di più, ci sembravano insufficienti e paliative.
La “novità” del riso coltivato naturale stava diventando sempre di più per la famiglia Stocchi un orgoglio, all’inizio si decise di prediligere una varietà di riso tra le altre: Il “Rosa Marchetti”.
Questa varietà, che nei ricordi del passato, veniva abitualmente e con profitto coltivato, (prima che concimi e diserbi ne facesse abbandonare la coltivazione); ci era stata donata, in quantità di 28 kg. di risone nel 2001 dall’amico Giovanni Marchetti, figlio del costitutore e scopritore di questa apprezzata varietà di riso del 1958. Dall’annata 2002, è nostro compito moltiplicare e custodire quei semi, che mantengono in vita anche la memoria di un amico.
Successivamente scoprimmo che nel 2001 su richiesta di Mario Pianesi uscirono dalla banca del seme di Ente Nazionale Risi, questa e altre varietà di origine anche più antica, per essere seminate e riscoprirne così il recupero pratico tramite la produzione e il consumo. Grazie a questo importante gesto ci è stato possibile coltivare, in questi anni oltre al Rosa Marchetti, varietà di riso antiche: Bertone, Originario Chinese, Pierrot, Lencino, Maratelli e molte altre.
Il 4 Aprile 2004 fu l’anno della prima edizione del convegno intitolato: “Il Riso: alimento fondamentale per la salute umana“, presso il Centro Ricerche sul Riso – Castello D’Agogna e fu in quell’occasione che sentimmo per la prima volta una conferenza di Mario Pianesi. A conclusione dell’incontro assaggiammo alcune preparazioni a base di riso cucinate per l’occasione che ci parvero subito gustose.
La nostra curiosità si stava destando: perché Mario Pianesi aveva una così alta considerazione dei contadini e nel particolare dei Risicoltori? in passato tanto disprezzati e nel moderno trasformati in operai del sistema? Perché poneva come fondamento il consumo del riso integrale? Era giunto il momento di approfondire il discorso; fu così che nell’Ottobre dello stesso anno, una delegazione della famiglia, frequentò un corso di cucina nella sede del circolo Culturale UPM di Mezzana Bigli (PV).
Le poche lezioni seguite, da subito e in semplicità, ci aiutarono a cucinare il riso integrale un po’ meno “croccante” e a farci riscoprire dei sapori, che nascosti dai cibi artefatti: zucchero bianco, latticini ecc…, non riconoscevamo più. Questa ripulitura avvenne gradualmente e senza traumi grazie a dei prodotti che sentivamo più buoni e che entrarono pian piano nella nostra dispensa.
La vera grande rivoluzione la iniziammo a comprendere in quel periodo, comprando e soprattutto leggendo l’Etichetta Trasparente Pianesiana (ETP) che accompagnava tutti i prodotti di uso quotidiano (oggi altre realtà commerciali nazionali ne stanno comprendendo l’importanza, utilizzando la trasparenza dell’informazione riportata in ETP per accreditare il proprio lavoro). I controlli, le analisi, l’attenzione la sicurezza che veniva data alle nostre produzione era la medesima che scrupolosamente veniva fatta a tutti gli altri produttori e trasformatori della filiera. Questo per noi diventava più che una certezza!
Intanto il lavoro in campagna e le prove in campo procedevano. Una delle prime osservazioni fatte e valutate a fine campagna 2003 fu che, in una porzione di terreno dove l’aratro non aveva rivoltato la zolla di terreno, si era creato un ambiente particolare dove le piantine di riso avevano preso il sopravvento su quelle infestanti. La particolare lavorazione meno invasiva, la funzione mediatrice dell’acqua e la vicinanza di arginatura inerbita sono stati i fattori che sommati tra loro hanno testimoniato, come si potesse ricreare un equilibrio per ottenere un riso veramente naturale e di qualità. Nei fatti, la messa in pratica di questa intuizione si ottenne solo dopo una ricerca nelle esperienze dei “vecchi” e dopo molti diversi tentativi successivi per riuscire a codificarne l’efficacia. Vari tentativi di semina in asciutta, troppo dispendiosi in termini di tempo e di lavoro e soggette a variabili climatiche, non ci soddisfarono, come il tentativo di riproporre la monocoltura (riso su riso) venne da subito scartata.
Si iniziò ad osservare la natura, ad agire di meno e pensare di più. Dopo le prime esperienze positive in campo, si comprese che il legame alla chimica era una schiavitù che poteva e doveva non riguardarci più, i cibi sani che stavamo mangiando e che costruivano il nostro corpo ci mettevano di fronte alla contraddizione forte: non era giusto avvelenare con prodotti chimici quei campi che ancora in parte coltivavamo in convenzionale.
La Policoltura MA-PI®, era, ed è ancora, il nostro obbiettivo, una semplice pratica agronomica che ci permettesse di coltivare tanto riso senza avere spese; tutto ciò che ci serviva era li, davanti ai nostri occhi, ma ancora celata alla nostra comprensione. Iniziammo a studiare l’ambiente che ci circondava abbozzando un semplice erbario fatto di fotografie e osservazioni; piano piano stavamo imparando i nomi della moltitudine di piante selvatiche che, da sempre ci circondavano, con le loro singole caratteristiche, differenze e sfumature che prima uniformavamo e non vedevamo.
Nella pratica le difficoltà da affrontare, soprattutto all’inizio furono e sono ancora oggi molte; è un arroganza pensare che qualche risultato significhi aver compreso tutto e magari essere arrivati…. i nostri bisnonni, quando decisero di fare i contadini, hanno sempre cercato di capire e migliorarsi. Più difficile per noi perché nel frattempo l’ambiente è stato snaturalizzato e la memoria dei modi di coltivare naturale (accezione oggi da sottolineare che all’ora era la normalità) dimenticata.
Per ritrovare dei frammenti di memoria ci rendemmo conto della necessità di prendere spunto dal passato; chiedemmo ad un caro amico del paese, l’unico che negli anni aveva mantenuto ben chiare in mente le gesta dei suoi antenati, come facevano, neppure tanti anni prima, le persone a trarre raccolto senza il supporto di tecnici agronomi e sostanze artificiali per terreni e piante. I suoi racconti, ci sono stati utili tante volte per capire piano piano, che molte pratiche vecchie, se attualizzate, potevano rendere fattibile con meno tempo ed energia il profitto del nostro lavoro. Giovanni Pansarasa, al quale siamo molto riconoscenti, ci indicò inoltre quali erano le coltivazioni che i suoi nonni, dediti al’allevamento e al’agricoltura, facevano un tempo nelle terre argillose della Baraggia: alternavano alla coltivazione del riso i prati ottimizzando le poche risorse senza sprecare nulla e vivendo accontentandosi, condividevano senza egoismo il frutto del loro lavoro in totale autonomia.
Grazie al passato si è potuto attuare con la Policoltura MA-PI® Pianesiana la coltivazione naturale del riso. Qualcuno potrebbe dire: “ il prato che marcisce e lascia il posto al Riso?!!!…..ma è così ovvio!!”. Certo, bisognava arrivarci….dopo 18 anni possiamo dire di aver ideato una tecnica efficace che in molti agricoltori oggi utilizzano per evitare i tanto nocivi diserbanti e concimi. La condivisione di questa buona pratica che utilizza il prato come paciamatura e nutrimento per le piantine di riso, è per noi è una gioia immensa perchè tutta la terra e non solo la nostra ha bisogno di recuperare la salute.
Nell’anno 2008 iniziò la moltiplicazione di 14 varietà di risi antichi, parte de le quelli, come già accennato, provenienti all’Ente Nazionale Risi.
Prima del 2001 era prassi acquistare le sementi annualmente, affidandoci a ditte del settore preposte a fornire semi selezionati. Questi germoplasmi sono sempre più spesso, frutto di incroci artificiali per accentuare caratteristiche di maggiori produzioni, maggiori resistenze alle sempre più numerose e nuove avversità; tutto questo a scapito di sementi, che come un malato, hanno continuamente necessità di cure ( ultimamente sono state create varietà di riso alle quali in abbinata viene venduto il diserbo studiato apposta dai laboratori chimici per competere sulle erbe infestanti).
Come un cane che si morde la coda il contadino, che ha modificato l’ambiente e i suoi equilibri, corre ai ripari, generando soluzioni dalla breve scadenza ( i diserbi sempre più potenti, selezionano a loro volta delle piante selvatiche che ne sopportano maggiormente l’effetto, mentre le nuove varietà di riso, svuotate delle loro memoria da continue modificazioni forzate e dalle mutuate condizioni (monocoltura), si indeboliscono, perdendo nel breve tempo le decantate caratteristiche e arrivando così ad essere sostituiti con altri incroci sempre più deboli). Questa “giostra” della quale facevamo parte, ha negli ultimi anni, accelerato la velocità, arrivando a livelli drammatici che stanno investendo oltre al’ambiente, inevitabilmente, anche l’economia mondiale.
Allo scopo di conservare tutelare e distribuire i semi delle antiche varietà di riso attualmente in nostro possesso, nel 2016 è stata costituita la prima ditta sementiera che fornisce semi coltivati in modo Biologico grazie al metodo da noi ideato ( Metodo Stocchi). I contadini, come da migliaia di anni, avranno così la possibilità di attingere ad una banca semi “vivi” e forti e nel tempo, tornare ad essere autonomi accantonando parte del raccolto e auto riproducendosi così i semi per le annate successive.
Come intuibile, non sempre le cose in questi 16 anni sono andate bene……e ci sembra giusto raccontare anche i dubbi, le difficoltà, le annate e i momenti difficili perché anche questi sono serviti ad imparare cose importanti.
Nel 2009 ricordiamo la campagna agraria più scarsa e deludente tra tutte. Molti i fattori che la determinarono.
In generale i delicati equilibri naturali sono i pilastri della vita, pochi purtroppo hanno la percezione di che danni l’uomo può fare alterandoli. Molti degli scambi commerciali sempre più globalizzati sono la principale causa di migrazioni di piante e insetti “stranieri” che in un ambiente privo di predatori antagonisti, creano molti problemi. L’esempio nel passato fu l’introduzione di piante infestanti oggi diventate autoctone ma un tempo sconosciute all’ambiente di risaia. In quegli anni insetti particolarmente dannosi al normale sviluppo del del riso (Lissorhoptrus oryzophilus “Punteruolo acquatico del riso”) hanno generato molti problemi.
Il poco riso prodotto, le incertezze di produrne ancora in futuro (persino chi aveva trattato i propri campi con i veleni aveva ottenuto raccolti scarsi), ci porto a scivolare, nel 2010 all’acquisto di concimi organici “Bio”
Quella scorciatoia per arricchire e ripulire la terra, fu solo uno sperpero di soldi e di ore lavorative senza riscontri, a parte la conferma, che dagli errori si può trarre insegnamento. Iniziammo a sforzarci di limitare gli interventi in campo e con più zelo piantumare alberi vicino ai fossi e sugli argini delle risaie, notando che proprio li si trovava la concentrazione di uccelli e predatori dell’ punteruolo acquatico, che, da osservazioni fatte, preferisce le piante selvatiche al riso.
Ci tornò utile la praticata della carpicoltura, ( allevamento in risaia di carpe) in passato molto praticata da chi viveva in zone di riso, perché fonte di cibo proteico e di reddito supplementare a quello della raccolta del cereale. Inoltre l’allevamento delle anatre, lasciate “pascolare” in risaia nei giusti periodi furono all’ora espedienti molto efficaci, che continuiamo a praticare per limitare inoltre la proliferazione delle zanzare.
Le attività parallele e collegate alla coltivazione nel 2009 aumentarono; si decise di creare in Azienda una Pileria che ci permettesse di raggiungere l’autonomia della trasformazione del risone in riso commestibile. In questo modo diventava possibile la filiera chiusa del prodotto, coltivato, trasformato e dato alla distribuzione senza spostamenti tra i vari passaggi. Si è riuscito così ad annullare il rischio di possibili contaminazioni causate dal’utilizzo di impianti non dedicati a prodotti naturali ma dove si trasforma anche il riso chimico.
La nostra famiglia, unita e più consapevole, ha scoperto che il mestiere del Contadino è sacro e va onorato per il rispetto della terra e delle persone che ne mangeranno i frutti.
Nei fatti anche le analisi dei terreni ci dimostrarono che la Terra gradiva questa nostra scelta ambientale più consapevole. In breve tempo un effettivo abbassamento del PH, indice scientifico di una ritrovata fertilità, si notò in molti campi. Le sempre crescenti produzioni di riso e la visibile crescita sempre più rigogliosa delle erbe utilizzate come erbaio erano un altro segnale positivo.
Inoltre lo studio delle erbe complementari e della MA-UNI® Pianesiana, anche se non sempre compreso fino in fondo, ci ha permesso di mantenere viva quella curiosità indispensabile per andare avanti e crescere, come persone e come contadini.
Nel 2011 si è creata la prima risaia più a misura d’uomo dell’Azienda, delimitando con degli argini a distanza di 10 m. La superficie di una risaia. Su questi mettemmo a dimora essenze arboree differenti come: Ontani, Sanguinello, Salici, e arbusti spontanei. Da quello che ci sembra di aver capito, le diverse piante spontanee e le erbe nell’alternarsi le une alle altre, concorrono tra di loro al mantenimento di un equilibrio originariamente spontaneo che può così tornare .La monocoltura intensiva si fonda, all’opposto, su una prevaricazione dell”ambiente, il quale ci da la vita sempre, ma con il quale abbiamo perso ogni forma di comunicazione e linguaggio.
Per questo motivo l’Azienda Agricola “Una Garlanda”, dopo anni di diffidenza riguardo alle piante in risaia, ha deciso di puntare sull’aspetto ambientale, come investimento economico ed etico per il futuro. Un percorso basato sulla condivisione delle idee di Mario Pianesi, che ci sono piaciute e che abbiamo cercato di applicare, in totale libertà nel nostro lavoro. Nell’annata 2016 e 2017 sull’intera superficie aziendale, sono state messe a dimora più di 10.000 piante distribuite a rete, con distanza di 10 m sui filari e tra le file, nelle risaie.
Undici anni fa la nostra azienda, all’epoca denominata Azienda Stocchi Fulvio, era considerata dal vicinato come “irragionevolmente avviata verso il fallimento” perché utilizzava dell’erba decomposta per coltivare il riso.
Oggi l’Azienda Una Garlanda, ci auguriamo con la stessa forza e caparbietà di Fulvio, porterà avanti nei fatti il cammino intrapreso, speriamo in futuro sostenuto da tutti quegli agricoltori ed Enti Pubblici che hanno potuto beneficiare, indirettamente delle nostre scelte gratuitamente.
E’ limitativo pensare che l’utilizzo della tecnica così detta di “copertura” dei terreni, staccata da una più ampia valutazione dell’ambiente di coltivazione, possa confermare la sua validità in futuro. Seppur lodevolmente permetta l’abbandono di tutte le sostanze chimiche, come tutte le tecniche affrontate meccanicamente potrebbe nel tempo far ripercorrere gli errori miopi e commerciali già avvenuti in passato facendo ripiombare l’agricoltore nella schiavitù della logica del profitto fine a se stessa e nel diverso, ma simile, sfruttamento dei territori.
2018 Ancora le piantine sono piccole e nascoste da erbe che creano strisce nelle risaie così stranamente tagliate a “fette”; col tempo le nostre risaie cambieranno aspetto e grazie alla Policoltura MaPi®, potranno aumentare la loro produttività per dare del cibo sempre più buono e di qualità e nel contempo permettere agli alberi di generare ossigeno ( il primo cibo degli esseri viventi). Da quello che abbiamo potuto osservare questo sistema è un buon modo per mettersi d’accordo per trovare un compromesso e intermedio virtuoso tra Umanità e Natura e per tornare finalmente, dopo millenni, nuovamente Amici “L’amico è chi dà, non chi riceve; se chi riceve continua a chiedere… diventa un nemico” (M. P. – 1963)
Tutta quella che è stata la storia sino a qui vissuta e raccontata della nostra famiglia, negli anni accresciuta di individui uniti e solidali, vuole essere una testimonianza concreta, senza ipocrisia, di come sia possibile veramente cambiare in positivo il proprio stile di vita, il modo di coltivare e gestire una Azienda Agricola vivendo una esistenza piena e serena. La nostra speranza è che le esperienze fatte vengano condivise e possano essere di aiuto ad altre famiglie; “giovani o vecchi” agricoltori che volessero iniziare a percorrere la strada suggerita da Pianesi come la più semplice ed economica , che a noi sin ora, ha portato bene.
Grazie!
Fulvio Stocchi
Nadia Cravetta
Ugo Stocchi
Elisabeth Thurner
Linda Stocchi
Maddalena Stocchi
Manuele Mussa
Mara Stocchi